Di recente c'è stato un ritorno all'architettura brutalista: gli edifici una volta dismessi in quanto ripugnanti ora ritrovano sé stessi come edifici nuovamente degni di stima soprattutto grazie a nuove Istituzioni Culturali quali Barbarican, RIBA e TATE Britain. Il Brutalismo nasce da una visione prettamente utopistica: si basa sull'interazione umana e sul desiderio di democratizzare l'architettura: edifici spesso controversi, con le loro lastre di cemento e le forme a blocco austere, stanno conoscendo una certa rinascita. Quando il brutalismo nasce, trova casa a Londra ma la sua struttura più nota è quella della Hunstanton School a Norfolk, costruita dagli architetti inglesi Alison and Peter Smithson che rappresentava un vero e proprio atto di ribellione delle regole architettoniche del periodo tra tra il 1930 e il 40.
Il termine si riferisce agli edifici grezzi in cemento che si andavano moltiplicando nel Regno Unito, in particolare a Londra, nel periodo post bellico. Veniva messa l'enfasi sui materiali, sulle texture e sull'edificio tanto quanto sulla sua funzionalità e l'equalità. Gli architetti brutalisti sfidavano le nozioni tradizionali di come un edificio avrebbe dovuto apparire, focalizzandosi tanto sugli spazi interni quanti su quelli esterni. Esposero parti della costruzione, facendo di tubazioni, ventilazioni e torri di servizio delle caratteristiche estetiche. Visto il costo relativamente basso del cemento, lo stile divenne popolare per le ristrotturazioni di edifici istitutizionali e case popolari.
RIBA descrive l'estetica come composta da superfici ruvide non rifinite, forme inusuali, materiali all'apparenza pesanti, forme massicce e piccole finestre in relazione alle altre parti. Data la loro vastità e la quantità di materie prime, molti edifici brutalisti sono sfuggiti alle campagne di eradicazione, evitando la demolizione. Inevitabilmente questi vecchi edifici hanno subito numerose ristrutturazioni durante la loro vita; oggi, molti di loro sono strutture storiche nel Regno Unito.
Ma che succede nel resto del mondo? L'America è da sempre terreno fertile per tutte quelle correnti che sono già state protagoniste del Vecchio Continente. Il neobrutalismo trova casa in particolare in Sud America. Infatti qui il brutalismo sposa una dimensione pubblica del vivere collettivo e che al tempo stesso si riferisca all’idea che “la finalità dell’oggetto artistico è quella di produrre simultaneamente un futuro e una tradizione”. Anche se ci sono delle innegabili differenze tra il Brutalismo Europeo e le strutture in cemento che sono sorte nelle nazioni equatoriali, ci sono alcune differenze da sottolineare. Se da una parte incorpora l'uso caratteristico del cemento, la rigide geometrie e gli interni cavernosi doverosi per i climi più rigidi, il Brutalismo tropicale è nato soprattutto sulla fondamenta della libertà, del benessere e dell'ottimismo. Infatti, durante gli anni '50 e '70, mentre l'Europa si interfacciava con una depressione economica dovuta (anche) alla fine delle colonizzazione, dall'altra quelle nazioni che un tempo erano oppresse conoscono un periodo di prosperità come in America Latina, o indipendenza, come Asia e Africa.
A partire dagli anni ’60 diversi professionisti italiani ed europei come Pier Luigi Nervi e Giulio Pizzetti, vengono invitati nelle facoltà argentine e brasiliane e trovano committenze pubbliche e private. Ben presto le nuove concezioni strutturali s’impiantano in quei solchi della nuova architettura sudamericana, per rintracciare nella cultura materiale, nella realtà complessa e contraddittoria della metropoli della metà del Novecento, un nucleo del processo creativo. Questi input europei non trovano soltanto corrispondenza in un’idea di “aspirazione alla realtà”, ma vengono assunti come un mezzo potente, il simbolo di una strenue lotta per una rinnovata libertà individuale e collettiva in un contesto spesso caratterizzato da politiche totalitarie.
Costruito da meteriali economici e facilmente reperibili, il Brutalismo equatoriale era accessibile e pratico, nonché emblematico di una nuova fase della società. Edifici che apparivano insensibili e intimitadatori sotto il cielo grigio di Londra e le sue strade asfaltate, una volta inserite nel fogliame verde e nella soffice umidità dei tropici, si trasforma in qualcosa di dinamico e lussureggiante. Il cemento viene colonizzato da ciuffi di muschio, mentre le finestre di vetro, necessarie nei climi freddi, sono eradicate o messe in secondo piano incoraggiando una ventilazione naturale e un grande senso di apertura.
In Brasile già a partire dagli anni ’50, la tecnica costruttiva del cemento armato è piuttosto sviluppata, soprattutto grazie al lavoro di quella che è definita come la scuola paulista, guidata dall’architetto Vilanova Artigas, particolarmente attiva nella metropoli di San Paolo. Quest'ultima, nella sua mancanza di riferimenti contestuali e nella liquidità delle sue continue trasformazioni, diventa il luogo ideale dove applicare un’idea di architettura in cui l’invenzione strutturale è l’elemento generatore di occasioni e suggestioni spaziali che si offrono generosamente alla città. Una sorta di primitivismo dei gesti, come quello dei nomadi che sollevavano grandi massi dal suolo per trasformarli con una semplice azione in menhir, può avere in una metropoli sregolata una forte cassa di risonanza. Anche L’Argentina e in particolare Buenos Aires garantiscono uno sviluppo significativo all’esperienza brutalista. La capitale, distesa nella Pampa argentina si protende verso l’oceano attraverso un sistema insediativo estremamente rigoroso e ripetitivo come quello della Manzana. La contaminazione del modello europeo prende forma anche nella costante introduzione di elementi plastici, in molti casi allegorici nel rigido schema costruttivo che sottende ogni architettura. Un portato primordiale, archetipico anima l’asciuttezza della forma generando un interessante meticcio. Ecco che un fenomeno nato per negare la necessità figurativa dell’architettura, viene nel contesto argentino ribaltato per dar vita a uno spurio e variopinto linguaggio che corrisponde alla complessità del luogo dove quell’architettura viene generata.
Questo processo di allontanamento dalle categorie architettoniche del brutalismo europeo sembra amplificarsi nel corso del tempo, se osserviamo gli ultimi progetti di case realizzate a partire dagli anni ’80, nonostante persista un rigore nell’impianto di stampo modernista.
Queste esperienze sudamericane rivelano la propensione di alcuni architetti d’oltre oceano di assorbire e immediatamente rielaborare il portato brutalista europeo, esprimendolo attraverso una vitalità nuova e un’autentica attenzione alla dimensione sociale e collettiva. In una certa produzione architettonica sudamericana esiste ancora una declinazione meridionale di cubismo, purismo, razionalismo, brutalismo, che inseguono o inseguivano là un’idea di felicità estroversa, impensabile altrove e insieme una sorta di consapevolezza malinconica dei confini che delimitano il diritto alla vitalità.
FONTI:
https://somethingcurated.com/2016/09/06/brutalisms-renaissance-guide-londons-concrete-giants/
https://somethingcurated.com/2019/10/24/the-evolution-of-tropical-brutalism/
https://www.artwort.com/2017/01/19/architettura/il-brutalismo-felice-di-lina-bo-bardi-e-clorindo-testa/
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