Il nostro Paese ha un’orografia prevalentemente collinare ed è caratterizzato da un sistema insediativo composto per lo più da città di medie dimensioni, da paesi e da borghi, formatosi in un territorio prealpino, appenninico, e comunque collinare/montuoso come nelle Isole maggiori, tutti accomunati dalla presenza di emergenze storico-ambientali, testimonianza di una storia plurisecolare. A questo dato territoriale, corrisponde un patrimonio stradale costituito, solo nella misura del 4% (circa 7.000 km), da strade a carreggiate separate, assimilabili al tipo autostradale, e quindi prevalentemente composto da strade a carreggiata unica, appartenenti a differenti Enti ed Amministrazioni, spesso inadeguate in termini di sicurezza della circolazione.

 

Di contro, le progettazioni infrastrutturali hanno prevalentemente considerato assi e corridoi rispondenti ad alte velocità di progetto, volti ad assicurare collegamenti rapidi tra le città maggiori ed i nodi di trasporto: questa scelta di politica dei trasporti ha inteso completare la rete infrastrutturale fondamentale anche nell’ambito della realizzazione di reti europee. E’ certamente condivisibile la realizzazione di linee ferroviarie ad alta velocità, di corridoi autostradali, di strutture portuali ed aeroportuali di livello nazionale e sovranazionale. E tuttavia si ritiene che lo stesso livello di attenzione non sia stato rivolto all’adeguamento del patrimonio infrastrutturale esistente, all’adeguamento del tessuto connettivo che, accanto ad una differente politica delle strutture di servizio, deve concorrere alla realizzazione di un sistema insediativo fondato sulla salvaguardia, il recupero, la valorizzazione ed il rafforzamento dell’esistente.

E’ un problema di equilibri: le culture locali, lo stesso tessuto economico fondato sulle piccole-medie imprese, legato all’agricoltura, alla zootecnia, all’artigianato, alla produzione di beni di qualità riconosciute nel mondo, sono riferiti alla popolazione insediata, il cui sentire identitario è legato ai luoghi. Continuare a rendere marginali vaste aree del nostro Paese, rafforzando prevalentemente gli attrattori di interessi delle città maggiori, e trascurando invece il livello regionale e/o sub-regionale, avrà la conseguenza di perdurare nello spostamento delle popolazioni verso le maggiori aree urbane, aggravandone peraltro i problemi.

Le scelte adottate non hanno risolto le criticità del comparto infrastrutturale italiano, del complessivo sistema dei trasporti e si traducono in un pesante fattore di crisi dell’attuale modello macroeconomico italiano. Se la riflessione si limita al comparto viario, la diffusa saturazione dei nodi e delle reti viarie, l’inadeguatezza della complessiva rete viaria, in particolare nel Centro-Sud e nelle Isole, costituiscono il limite principale di un’ipotesi di affidamento alle strade degli incrementi di traffico – in particolare mercantile – non assorbibili dagli altri modi di trasporto. Questi ultimi sono infatti pesantemente condizionati da carenze progettuali ed organizzative, e dall'assenza di una politica dei trasporti finalizzata a realizzare quel sistema integrato ed intermodale più volte indicato come obiettivo della programmazione, e mai realizzato.

Alcune stime conducono a supporre che nel prossimo decennio (2012/22) la mobilità dei passeggeri e delle merci richiederà nuovi investimenti infrastrutturali soprattutto nei nodi di interscambio. La pianificazione non dovrà più essere settoriale; dovrà avere una visione ben coordinata nel settore delle infrastrutture, favorendo logiche di coerenza programmatica a livello di sistema dei trasporti, anche attraverso interventi tesi al miglioramento della rete esistente. L’approccio alla pianificazione delle infrastrutture dei trasporti dovrà essere caratterizzato anche dalla valorizzazione dell’esistente, intervenendo soprattutto sui piccoli “colli di bottiglia” e sugli aspetti tecnologici dei differenti settori del comparto infrastrutturale. Nell’immediato e nel futuro che ci attende un tema strategico per lo sviluppo socio-economico è l’adeguamento del patrimonio infrastrutturale esistente, che richiede, quantomeno e preliminarmente, interventi di manutenzione straordinaria o migliorativa.

Si viene determinando l’esigenza di riflettere sulla necessità di decidere quale funzione assegnare ai diversi elementi dei patrimoni esistenti quando si pensi alla progettazione di nuove opere. Si rende necessario intervenire con attività di manutenzione ordinaria, straordinaria e con interventi di adeguamento dell’esistente, considerando la realizzazione di nuovi interventi quando essi possano esaltare la funzionalità complessiva e quando essi abbiano costi ambientali ed economici che li rendano convenienti, in quanto elementi innovativi dell’esistente.

Un attenzione particolare meritano le aree urbane: esse si sono determinate nel tempo come aggregazioni a città esistenti di periferie residenziali, prevalentemente prive di servizi, ove si è venuta concentrando una popolazione che ha progressivamente abbandonato aree periferiche e marginalizzate del nostro Paese, prevalentemente prealpine, appenniniche e collinari/montuose nelle Isole maggiori. Quando si pensa a questi disordinati aggregati urbani la domanda è se l’adeguamento dei patrimoni esistenti non riguardi anche questi trasformandoli in nuove aree urbane che abbiano riferimento al cittadino – non più solo pedone, alle sue esigenze, costruendo una nuova città ove i flussi veicolari non siano più il solo elemento per il quale organizzare la rete e la stessa città. Per il futuro, un’altra esigenza che si pone è individuare insiemi di comuni, di realtà urbane, riferiti a centri di servizio di livello “provinciale”, ben interconnessi al loro interno, così da costituire sistemi urbani diffusi, e verso l’esterno tramite efficienti relazioni con i corridoi stradali e ferroviari di livello regionale ed interregionale. La stessa politica dei trasporti dovrebbe essere rivolta a questo obiettivo, la complessiva integrazione del territorio nazionale, adeguando e trasformando l’esistente.

Nel caso delle strade,  l’adeguamento può essere inteso a dare un supporto alla rete autostradale ed a quella fondamentale, al livello nazionale, interregionale e regionale,  a migliorare le condizioni di sicurezza, particolarmente precarie nella viabilità ordinaria extraurbana, e ad assicurare migliori condizioni di accessibilità a quella gran parte delle aree regionali, dalle quali si continua ad assistere a esodi delle popolazioni verso aree meglio attrezzate di servizi e di adeguati collegamenti viari

Il quadro normativo in merito all'adeguamento delle strade esistenti persiste in condizioni di grave carenza. Questa situazione deve essere sanata partendo dal presupposto di base che la riqualificazione funzionale ed il conseguente adeguamento devono essere rivolti a considerare il rapporto tra la strada, le caratteristiche ambientali e gli equilibri preesistenti. Il motivo conduttore di un complessivo progetto di adeguamento deve essere la sostenibilità ambientale e la sicurezza intrinseca della strada, sia che si tratti di nuova costruzione che di adeguamento.

La finalità che ci si prefigge, in attesa di Norme specifiche per l’adeguamento di infrastrutture viarie esistenti, è formulare proposte per l’adattamento della Normativa vigente al tema progettuale suddetto. Infatti, in Italia le differenti Istruzioni C.N.R. e le  Norme più recenti, quali il D.M. 5 novembre 2001 “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade” ed il D.M. 19 aprile 2006 “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle intersezioni stradali” sono cogenti per la progettazione delle nuove infrastrutture e costituiscono solo un riferimento per la progettazione di interventi di riqualificazione funzionale e di adeguamento dell’esistente, tuttavia difficilmente utilizzabile ed adattabile.

Per riqualificazione funzionale va intesa la ricostruzione di un sistema a rete, che distingua le funzioni territoriali e le funzioni assolte, nell'ambito della rete infrastrutturale di appartenenza dei collegamenti viari, assicurando un’omogeneità d’offerta e di livello di servizio per le infrastrutture d’interesse locale, provinciale, regionale o interregionale.

 

 

In una corretta prospettiva di valorizzazione della globalità delle risorse (ambientali, economiche, etc.) non si può prescindere dalla valutazione del ruolo che un singolo itinerario o una singola strada assolve all’interno della rete complessiva (nazionale, regionale, locale). La gestione di un itinerario fondamentale (rete primaria) o di interesse regionale di primo livello (rete principale) deve fondarsi sullo studio di tutte le componenti la rete che concorrono a sostenere la funzionalità dell’itinerario stesso: devono essere individuate le caratteristiche geometriche e di progetto dell’itinerario principale e di quelli complementari, la localizzazione e la scelta del tipo delle intersezioni, e devono essere attribuite funzioni specifiche ai singoli elementi viari, e di conseguenza le corrispondenti caratteristiche geometriche e di progetto.

La Normativa di progettazione, la stessa impostazione culturale della disciplina connessa alla progettazione delle infrastrutture viarie, prevalentemente orientate al disegno di nuove infrastrutture, sono difficilmente riferibili alla progettazione degli interventi di adeguamento dell’esistente. Appare proponibile inserire, nell'eventuale revisione della Normativa, una sorta di linee-guida interpretative, almeno fintanto che non esista una Normativa più specificamente riferita alla progettazione degli interventi di adeguamento dell’esistente.  E si ritiene si debba andare ad una rivisitazione delle Norme anche rivolta a proporre indicazioni interpretative tese a concepire l’infrastruttura rinnovata come elemento inserito in un contesto vincolante ed al quale si deve rapportare.

Nonostante si riscontri un forte contrasto tra la Normativa vigente (D.M. 5/11/2001) e le indicazioni delle precedenti Istruzioni C.N.R. (in particolare le “Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade extraurbane” – B.U. C.N.R. – 28/7/1980) si ritiene che le precedenti istruzioni C.N.R. possano essere un valido riferimento per i progettisti quando un determinato argomento non sia trattato dalla Normativa. Indubbiamente, l’impostazione della Normativa porta a definire valori minimi nella scelta delle differenti caratteristiche di un’infrastruttura viaria; in considerazione di ciò, il superamento di tali valori, finalizzato ad assicurare adeguati livelli di servizio (e quindi di sicurezza) potrebbe trovare riferimento nelle Istruzioni C.N.R. quando queste non siano in contrasto con il predetto D.M. 

Per tutto quanto detto il concetto di progetto preliminare deve essere rivisto evitando di intendere un itinerario come elemento isolato. Nella progettazione di un itinerario appartenente, in particolare, alla rete primaria dovranno essere individuate le caratteristiche geometriche e di progetto dell’itinerario principale e di quelli di raccordo, realizzati dalla viabilità ordinaria extraurbana, la localizzazione delle intersezioni e la scelta del tipo. A quest’impostazione complessiva possono essere riferite le specifiche attività di ricerca e di progettazione, finalizzate alla sicurezza della circolazione, con un attento ridisegno delle intersezioni, a definire e garantire l’affidabilità delle reti infrastrutturali, a disegnare i tracciati nel rispetto delle molteplici caratteristiche ambientali. Il confronto delle differenti alternative progettuali non deve pertanto essere limitato ad un singolo tracciato: esso deve essere inteso parte di una rete di collegamenti, di differenti funzioni, al servizio di un dato territorio; ne deriva che il confronto deve avvenire tra più alternative di rete.

Nell’ambito del patrimonio infrastrutturale esistente, aspetti specifici riguardano le infrastrutture viarie in area urbana; per esse si va consolidando la cultura che la loro progettazione, quella delle infrastrutture e dei servizi di trasporto collettivo, nonché delle interconnesse aree/strutture per la sosta ed il parcheggio, non vanno limitate al singolo aggregato urbano sia pure prevalente nell’ambito di un’area quale si è venuta determinando nel tempo. La gestione delle infrastrutture di trasporto, riconducendone la visione nell’ambito di un sistema da pianificare e governare secondo logiche di integrazione e di intermodalità, non deve essere intesa come un complesso di attività tese esclusivamente a risolvere le problematiche di fluidificazione dei flussi veicolari tra i differenti settori dell’area urbana. Questa concezione infatti, ampiamente diffusa nella pratica della pianificazione dei trasporti e nelle linee guida e norme settoriali del recente passato, ha determinato una progressiva perdita di identità delle strade e dei luoghi, con la compromissione della funzione di aggregazione sociale e di valore economico che gli spazi all’aria aperta hanno sempre avuto nel passato.

 

 

Le strade e le piazze, che costituiscono la più grande proprietà di una comunità, sono state trasformate da quelle opere che intendevano collegarle tra loro, ma che hanno finito per determinarne una degradazione, un deprezzamento, una perdita della loro identità.

Attualmente disponiamo di Normative e di impostazioni progettuali orientate a risolvere problemi di fluidificazione del traffico, senza minimamente tenere in considerazione l’interrelazione tra urbanistica e trasporti, tra accessibilità e valore dei luoghi: i trasporti hanno dovuto sempre risolvere scelte urbanistiche non sempre fondate sull’analisi del conseguente fenomeno della mobilità.

I flussi sono il più delle volte visti come flussi di veicoli anziché di persone se non quando queste sono intese come pedoni – modo di trasporto al quale vengono lasciati spazi residuali, derivanti dal preliminare soddisfacimento delle esigenze dei flussi veicolari, sempre comunque dimensionati per il deflusso e non per vivere la strada.

Usualmente, quando si progetta, per esempio, un’infrastruttura di trasporto collettivo in sede propria, gli obiettivi, ai quali si richiama il progettista, sono riferiti alla realizzazione di un sistema dei trasporti integrato ed intermodale, da raggiungere perseguendo anche l’obiettivo dell’ottimizzazione delle risorse infrastrutturali disponibili, con la massima attenzione all’uso ed al riuso di quelle già esistenti sul territorio. Da questo deriva:

  • un miglioramento delle condizioni di sicurezza e dei livelli di servizio delle rete viaria;
  • un miglioramento delle condizioni di accessibilità territoriale, attraverso una riduzione dei tempi di viaggio e dei costi di trasporto, nei riguardi dei servizi puntuali di uso collettivo localizzati nel  centro urbano di maggiori dimensioni.

Certamente l’area urbana trae vantaggio dalla realizzazione dell’infrastruttura suddetta, in quanto diminuisce la pressione veicolare sulla rete viaria e la stessa esigenza di realizzare aree e strutture di parcheggio, e quindi aumenta indubbiamente la qualità della vita nell’area urbana. E tuttavia si ritiene che debba essere considerato con sempre maggiore attenzione che il sistema delle infrastrutture viarie, e tra queste un’infrastruttura di trasporto collettivo in sede propria, debba essere utilizzato per governare la localizzazione delle attività sul territorio. 

Un sistema infrastrutturale di trasporto non più solamente finalizzato a velocizzare i collegamenti tra periferia e centro, dando un’alternativa all’uso dell’autovettura privata, ma anche rivolto a porre le premesse per una diversa organizzazione di un’area urbana, può essere stimato ancora di maggiore convenienza nella valutazione delle differenti alternative progettuali.

Dopo decenni di impostazione miope della pianificazione delle strade urbane è maturata la consapevolezza che occorra riqualificare le vie e gli spazi cittadini; è giunto il momento di adattare le normative e le impostazioni progettuali al fine di razionalizzare ed adeguare i patrimoni strutturali ed infrastrutturali esistenti in una logica ove la rete relazionale sia un importante elemento di riqualificazione del contesto del quale è parte.

Il sistema di trasporto va inteso a porre le condizioni per una diversa organizzazione di un’area urbana, considerata quale sistema da concepire e progettare unitariamente attraverso una contestuale politica di pianificazione territoriale e dei trasporti. In questa nuova concezione una particolare attenzione dovrà essere data a trasformare gli attuali rapporti di dipendenza in relazioni di integrazione. Le periferie sono destinate a svolgere un ruolo non secondario nello sviluppo equilibrato della nuova città: devono essere reciprocamente integrate, comprendendo in questo disegno di riassetto lo stesso aggregato urbano dominante. La riorganizzazione dell’area urbana e del suo sistema di servizi e relazionale deve essere orientata a determinare legami che simbolizzino e concretizzino un avvenire comune, un senso identitario di appartenenza ad un nuovo territorio unitario. Al sistema infrastrutturale di collegamento va assegnata la funzione di essere elemento fondamentale di ricucitura e di integrazione, risultato di una pianificazione complessiva del tema abitare e dei necessari servizi.

Appare opportuno porsi una domanda in merito al peso da attribuire a quest’ultimo obiettivo, di significato soprattutto di riorganizzazione territoriale, rispetto alle finalità tradizionali su-richiamate. La qualità della vita di un’area urbana può essere assicurata, e le sue condizioni di degrado recuperate, da un’offerta di trasporto, che assecondi una differente e più equilibrata distribuzione dei servizi, correttiva dei tradizionali rapporti di dipendenza tra centro e periferia. Vanno maturando i tempi perché un’area urbana non sia più intesa in quanto costituita da un centro di qualità e da periferie marginali, ma da centri, anche di differente peso, interagenti: il disegno di una rete infrastrutturale che sia soprattutto relazionale, può favorire questa evoluzione.

Da tempo ci si va interrogando se tra gli obiettivi della progettazione di una strada possa essere considerata la sua qualità formale, se la strada debba essere considerata un oggetto architettonico, oppure se gli obiettivi siano prevalentemente di tipo prestazionale, e quindi la sua sostenibilità ambientale, la sua qualità formale debbano essere condizioni da rispettare nel corso della progettazione: lo studio di impatto ambientale in un’area urbana dovrebbe comprendere anche la valutazione formale dell’opera. Una possibile risposta a queste domande può provenire dall’immagine della strada che è percepita dagli utenti, distinguendo comunque le strade di nuova realizzazione da quelle esistenti, e le strade extraurbane da quelle in area urbana.

In riferimento alle relazioni tra strada ed utente è nota l’importanza del comportamento del conducente in relazione alle caratteristiche geometriche e di progetto: nell’ultimo decennio si sono intensificati gli studi circa le variazioni del comportamento di guida in relazione all’ambiente stradale. La letteratura è ricca di studi e di modelli che considerano in primis il rapporto suddetto e che forniscono ottimi spunti di riflessione sull’importanza del ruolo assunto, in fase progettuale, dall’ambiente stradale. Quest’ultimo comprende tutto ciò che, circondando il tracciato, è percepibile dal conducente e quindi ne influenza non solo la guida, ma anche la scelta di un itinerario rispetto ad un altro, a seconda delle motivazioni dello spostamento.

A seconda delle proprie esigenze, l’automobilista, a fronte di archi colleganti gli stessi nodi, esprime preferenze che lo conducono a prediligere un itinerario rispetto ad un altro in funzione del tempo di percorrenza, del comfort di guida, della piacevolezza del percorso, etc. In presenza di contesti di accentuati pregi ambientali, sui quali si intenda richiamare l’attenzione e gli investimenti connessi al turismo culturale, deve essere posta una particolare attenzione agli interventi di recupero/adeguamento di infrastrutture già realizzate e per le quali non si sia posta cura in merito alla loro sostenibilità ambientale. La scelta dell’itinerario ha ripercussioni più o meno importanti sul territorio attraversato, sia in ambito extraurbano che urbano: possono essere sviluppati interessanti spunti di riflessione, in riferimento alle differenti tipologie di utenti, alla complessità dell’ambiente interessato, alle peculiarità urbanistiche, architettoniche e, non meno importanti, socio-economiche e culturali.

In ambiente urbano la strada è avvertita dall’automobilista differentemente che dal pedone, la cui percezione varia anche in relazione alla fascia d’età di appartenenza, al livello culturale, alle sue motivazioni. Per rispondere in merito al quesito sulla percezione della strada è necessario calarsi nelle vesti del conducente, del pedone, dell’osservatore “in quota z”.

L’automobilista probabilmente valuta la strada in relazione ai materiali utilizzati nelle pavimentazioni ed allo stato di degrado di queste ultime, al livello di congestione, alla sicurezza intrinseca, al livello di illuminazione, al complessivo comfort di guida e quindi al carico di lavoro mentale necessario per percorrerla.

 

 

Quest’ultimo è sentito anche quando l’ambiente circostante è gradevole ed armonicamente vario, poiché l’attenzione del conducente tende a spostarsi verso l’esterno, e può farlo in sicurezza solo se le condizioni del traffico, le caratteristiche della sezione stradale, lo stato di manutenzione delle pavimentazioni lo permettono. Occorre non sottovalutare il livello di rischio percepito; è infatti necessario considerare l’utente che non sempre si lascia affascinare dall’ambiente che circonda la strada e che quindi potrebbe, a fronte della percezione di un buon livello di sicurezza, assumere atteggiamenti di guida e velocità non rapportabili all’ambito di riferimento.

Gli utenti deboli, i ciclisti ed i pedoni, hanno una diversa percezione della strada, in relazione alle diverse esigenze, alle inferiori velocità di percorrenza ed al livello di rischio percepito. Il ciclista ha minori possibilità di distrarsi sull’ambiente esterno, viaggia in una condizione di equilibrio che richiede maggiore attenzione. Avverte in maniera più importante il degrado delle pavimentazioni, i coni d’ombra, le intersezioni gestite in maniera poco funzionale o non studiate anche con riferimento alle sue esigenze, etc. Il pedone, invece, segue la strada percorrendone le estremità laterali o le zone centrali, è più sensibile ai particolari ed è anch’egli profondamente disturbato dalle situazioni di degrado, anche perché le vive con maggior disagio, le vive più a lungo. Per il pedone  il degrado delle pavimentazioni dei percorsi dedicati determina disagi più o meno gravi, spesso inversamente proporzionali alle capacità motorie dell’interessato. Questi percepisce diversamente anche gli elementi di arredo della strada, che spesso determinano la predilezione di una passeggiata rispetto ad un altro percorso, perché più piacevole, più rilassante, più sicura.

Infine, l’osservatore statico, a “quota z”, se in posizione privilegiata rispetto allo sviluppo di un’arteria urbana, avverte in maniera diversa l’armonia tra ambiente stradale ed abitato, spesso in maniera più o meno distaccata e meno coinvolta: percepisce gli elementi di arredo, quelli fisicamente più importanti, come il verde, gli impianti di illuminazione, etc.

 

Come è possibile osservare in ambiente urbano, quando si parla di qualità della strada, assume una notevole importanza il rapporto tra spazio e tempo: velocità, ma non solo, Pertanto, gli interventi in ambito urbano devono essere finalizzati all’analisi dei materiali utilizzati, delle opere di arredo, di quelle finalizzate alla sicurezza della circolazione, dei sistemi di moderazione del traffico, degli impianti di illuminazione, etc. La qualità della strada in area urbana è in stretto rapporto con le funzioni svolte, con la composizione della corrente veicolare, con la presenza di vincoli storico-archeologici, urbanistici.

Con riferimento a quanto detto, la piazza, ad esempio, deve essere vista come luogo di incontro, non come parcheggio o slargo, o comunque snodo, ove regolamentare le intersezioni tra i flussi veicolari. Gli impianti, gli arredi, i sistemi di mitigazione del traffico devono essere studiati in modo tale da essere in armonia con l’ambiente nel quale sono ubicati: essi non devono essere semplicemente “a norma”. La Normativa di progettazione è largamente deficitaria sul tema delle strade in area urbana; é invece necessario, nelle nuove progettazioni e negli interventi di recupero ed adeguamento, non trascurare che in determinate aree urbane la strada è anche l’unico luogo pubblico, spazio riservato alla collettività.

Nei quartieri residenziali e nelle strade locali, ma non solo, il pedone non può essere considerato alla stregua di un veicolo, di un altro modo di trasporto. Gli spazi a lui riservati non possono essere considerati residuali, sottratti agli altri modi di trasporto. Le stesse dimensioni dei marciapiedi non possono essere commisurate solo all’entità dei flussi pedonali. Occorre ritrovare il senso ed il significato che avevano le strade: luoghi pubblici riservati ai cittadini, studiati e realizzati perché vi fosse piacevole passeggiare e sostare, infine luoghi di socialità.

Rispettare l’ambiente significa vivere in armonia con esso, anche se spesso ciò può significare dover affrontare, per l’esecuzione di determinate opere, relativamente elevati impegni economici, al fine di tutelare il mantenimento della risorsa. Un tracciato stradale, sia esso extraurbano che in area urbana, è un unicum che va studiato in quanto tale in relazione all’ambiente nel quale si sviluppa, seguendo criteri connessi alla funzione dell’arteria, alla composizione della corrente veicolare, alla rete di appartenenza, alla scelta dei materiali, alla qualità dell’ambiente naturale attraversato, alla presenza o meno di vincoli storico-archeologici, urbanistici, alle esigenze socio-culturali del territorio attraversato. La progettazione è un procedimento iterativo: si arriva alla soluzione attraverso tentativi e studi via via più approfonditi, escludendo che il risultato del progetto sia un prodotto da verificare alla conclusione dell’iter che ha condotto alla definizione dell’opera e quindi alla stima del suo costo. La valutazione ambientale e quella formale sono parte del progetto e possono quindi intendersi quali verifiche intermedie, di livello sempre più approfondito nella stesura delle tre fasi di progettazione.  

 

 

Per tornare alla strada urbana è necessario chiedersi se le normative disponibili possano seriamente essere utilizzate per progettare una strada urbana. Sì, se si pensa ad un’autostrada urbana, ad una strada di scorrimento, meno per una strada interquartieri o per una strada locale. Non è solo un problema di corretto inserimento ambientale o di valori formali, e di disegno degli stessi elementi geometrici che la compongono: per queste ultime il tracciato, nel tempo, si è venuto determinando dalla disponibilità dei “vuoti”. L’adeguamento e la progettazione delle strade interquartieri e delle strade locali richiede attenzione ai pedoni ed ai servizi di trasporto pubblico di linea, in particolare, e quindi alla riconsiderazione delle fasce di pertinenza nel soddisfacimento delle esigenze connesse alla funzione svolta da questi due tipi di strada nel tessuto viario cittadino. Per queste due strade, ma il problema si pone anche per le autostrade urbane e per le strade di scorrimento, va posta attenzione nella progettazione/manutenzione delle fasce laterali e delle aree intercluse: corretto inserimento ambientale significa anche questo.

Se quanto sopradetto è condiviso e, in primo luogo, che la città prima ancora che essere luoghi attraversati da flussi veicolari sia luoghi di aggregazione sociale e di sviluppo economico, e che le vie ed i quartieri cittadini debbano essere vissuti, prima ancora che attraversati, ne consegue che il riferimento di un nuovo processo progettuale non può che essere il cittadino come fruitore di questa nuova città, e per il quale occorre trovare le risposte in merito alle proprie:

  • esigenze;
  • attese;
  • aspettative sul valore ambientale del contesto che vorrà vivere.

I servizi devono essere rivolti al soddisfacimento di tutta l’area, compresi quelli localizzati e/o trasformati nell’aggregato maggiore, e devono essere il risultato di una politica comune: devono essere opportunamente collegati reciprocamente ed accessibili dalle differenti porzioni territoriali dell’area.

L’attenzione di queste riflessioni è andata soprattutto alle infrastrutture viarie poiché esse nel tempo sono divenute infrastrutture anonime, le differenti funzioni non sono riconoscibili: la gestione di una strada urbana, per esempio, si è rivolta prevalentemente a considerare le pavimentazioni ed i differenti materiali, che potevano distinguere una strada di quartiere rispetto ad altri tipi, e taluni elementi di arredo finalizzati ad mitigarne l’impatto. Si è perso di vista che l’area urbana va soprattutto ripensata avendo come utente di riferimento il cittadino, in particolare le persone anziane, i bambini, gli utenti parzialmente/temporaneamente disabili, anche un genitore che spinge una carrozzina. Le vie devono quindi caratterizzarsi non più per i livelli di servizio che saranno in grado di garantire ai flussi veicolari, ma per le opportunità e la vivibilità che saranno in grado di garantire al cittadino. Nell’immediato futuro che ci attende è questo il tema al quale deve andare l’attenzione dei progettisti delle aree urbane, delle città e delle stesse infrastrutture viarie. Una strada intrinsecamente sicura è anche data da un tracciato, corrispondente ad una data funzione, e quindi con una precisa identità, che determini, nel rispetto e nella valorizzazione del contesto attraversato, il comportamento dell’utente così da diventare elemento di sicurezza attiva.

Fonti: Testo e bibliografia 

Immagini: 

radiolimbara.altervista.org

giuseppecarotenuto.photoshelter.com

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commons.wikimedia.org

postbreve.com

www.rinnovabili.it

www.zamagnizamora.com

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